Distributori e loro formazione: consegne a vuoto

 

Sono queste persone l’anello tra il nostro catalogo ed il cliente: sono loro che possono essere il nostro punto di forza, o il nostro punto debole

Ditribuzione di un volantino a vuoto

Esempio di consegna a vuoto: cassetta per la raccolta della posta scambiata per una cassetta postale

 

L’ha detto un importante marketing manager, responsabile per la distribuzione pubblicitaria di una grande insegna internazionale, ad un incontro di formazione degli addetti per la distribuzione di brochure e volantini.

Ad ogni campagna di distribuzione questo manager – pur molto impegnato – ha sempre ritagliato del tempo per incontrare personalmente gli operatori che sul campo dovevano consegnare il suo catalogo, ritenendo che la formazione di un gruppo di distributori è essenziale, insieme ad una buona programmazione.

Un esempio di anomalia evitabile con una buona formazione sono le cosiddette consegne “a vuoto”, quelle che implicano uno spreco di volantini, o che avvengono presso civici che il cliente richiede di non coprire: generalmente si tratta di edifici disabitati, uffici, negozi, bar, scuole, aziende, dove la distribuzione avviene comunque, nonostante l’indicazione opposta dell’insegna appaltatrice.

Segnalando una consegna a vuoto presso un ufficio, a volte l’agenzia di distribuzione replica “l’operatore non si è accorto che si trattava di un ufficio”, oppure “non ha letto il cartello”, o anche “non capisce bene l’italiano, essendo di origine straniera”. Effettivamente una svista può capitare a chiunque: è il caso della cassetta postale di uno studio su cui si legge “Avvocato Mario Rossi”, oppure “Estetista Anna Bianchi”, e chi consegna pubblicità non legge necessariamente le etichette di tutte le cassette postali.

Generalmente una consegna a vuoto non è ritenuta un’anomalia significativa, mentre il fenomeno diventa una criticità quando coinvolge tutti i negozi di una località. Ad esempio è il caso che ha coinvolto la zona delle cinque foto qui sotto:

shops

Sono 5 tra le tante consegne avvenute presso cassette palesemente appartenenti a negozi, con vetrine grandi, cartelli evidenti, scritte ben visibili.

Perché gli addetti hanno consegnato ugualmente i volantini, nonostante l’indicazione opposta del cliente? Non avrebbero fatto meglio (e prima) a saltare questi civici?

Distribuire volantini per alcune ore, magari sotto il sole, è un lavoro impegnativo e faticoso: dopo alcune ore di distribuzione, l’addetto potrebbe aver consegnato queste copie “alla cieca” senza badare troppo a chi fosse il proprietario delle cassette postali. E’ una possibilità, ed è anche un modo per finire prima le brochure sul proprio carrello o nello zaino.

La spiegazione più semplice tuttavia è che l’operatore non sia stato formato adeguatamente sul divieto di consegna dei volantini presso i negozi. Anzi, probabilmente ha ritenuto di aver svolto un ottimo lavoro, servendo anche bar, studi, lavanderie, negozi di sci e di biancheria intima.

Invece bastava dirglielo.

Una buona formazione agli addetti che distribuiscono il materiale pubblicitario è senz’altro il modo migliore per iniziare una campagna di distribuzione. Se è vero che i distributori sono “l’anello che congiunge il catalogo ed il cliente”, è auspicabile che conoscano bene, prima di iniziare, le regole di distribuzione.

Vantaggi e limiti del mystery shopping: 3 casi

mystery shopper money

Quando è davvero utile il mystery shopping, rispetto ad altre forme di indagine sull’opinione dei clienti? Quando diventa antieconomico rispetto alle risorse che richiede?

Il problema principale del mystery shopping tradizionale è molto semplice e banale: la scarsità dei dati raccolti. L’efficacia dei clienti misteriosi è proporzionale alla quantità di dati che sono in grado di raccogliere rispetto alla totalità dei potenziali clienti, oppure rispetto a quanto ci interessa conoscere. Vediamo tre casi esemplificativi.

 

♦ CASO 1 – Il nostro business accoglie centinaia di clienti ogni giorno (ad esempio se gestiamo un ristorante o fast-food). Non possiamo pretendere realisticamente che pochi passaggi di qualche cliente misterioso descrivano oggettivamente la situazione del nostro negozio, con i suoi pregi e i suoi limiti: il campione non sarebbe significativo.

Possiamo pagare centinaia di mystery shopper per raccogliere i dati che ci interessano? Non sarebbe economico. E poi esistono davvero centinaia di mystery shopper di qualità?

Meglio ricorrere ad altre soluzioni, come poll, interviste e fidelizzazioni. Meglio costruire applicazioni e sistemi perché sia il cliente stesso a dirci cosa gli piace, che tipo di panino vorrebbe, e cosa non funziona nel locale.

 

♦ CASO 2 – Il nostro business vede per definizione pochi clienti: è esclusivo, di nicchia, oppure altamente specialistico (ad esempio se vendiamo gru idrauliche, automobili di lusso, servizi assicurativi). Sono soltanto pochi i clienti che varcano quotidianamente la nostra porta, e anche impiegando soltanto pochi mystery shopper riusciamo ugualmente a raggiungere un numero sufficiente di dati.

La rappresentatività del campione sarà sufficientemente utile a descrivere la situazione: il mystery shopping tradizionale, se condotto da ispettori specializzati, può essere una soluzione efficace.

 

♦ CASO 3 – Siamo ancora nel fast food del primo caso, ma non ci interessa più conoscere veramente l’opinione del cliente. Ci basta che qualcuno ci informi sulla qualità dell’illuminazione, sulle condizioni dei bagni, sulla visibilità dei prezzi, sulle procedure seguite dal personale.

Prendiamo un “cliente misterioso” e lo mandiamo sul posto periodicamente. Ne basta uno, e funziona benissimo.

Ma stiamo ancora facendo mystery shopping, oppure si tratta di qualcos’altro? Per questo genere di ispezioni serve davvero un mystery shopper ( = agente che si comporta come un normale cliente) oppure tanto vale formare una figura diversa? In fondo, il nostro agente non si comporta più come un normale cliente: è lì per controllare aspetti molto specifici del business, variabili che noi abbiamo deciso e messo in scaletta.

Forse non potrà dirci se manca un’opzione vegetariana o se il caffè era freddo, ma forse siamo noi che non riteniamo importante saperlo da lui. In ogni caso, rischieremo di perdere informazioni di questo tipo.

È grave? Ognuno alle informazioni attribuisce il valore che ritiene più opportuno.

Il volantino è morto: lunga vita al volantino!

Già nella prima metà degli anni 2000, il volantino era stato dato per spacciato: se non morto, di prossima agonia.

Nell’era del web e dei social network, si pensava che la pubblicità stampata, gli opuscoli, i cataloghi, e le brochure sarebbero stati sostituiti da versioni esclusivamente digitali e da sistemi di scontistica alternativa.

Invece, accanto alle nuove versioni online e a promozioni di nuovo tipo, il volantino continua a mantenere una presenza forte, un potenziale molto elevato e un rapporto costi/benefici tuttora conveniente. Di conseguenza, queste caratteristiche spingono ancora la pubblicità cartacea ad occupare ampie fette del budget di aziende grandi e piccole in tutto il mondo.

Secondo una ricerca, oltre l’80% delle aziende britanniche utilizza la distribuzione door to door come strimento di marketing e pubblicità (DMA 2011), e nel 2012 il 65% dei consumatori americani ha dichiarato di avere effettuato acquisti sulla base di pubblicità postale diretta (ExactTarget, 2012 Channel Preferences Survey), per la quale sono stati spesi circa 45,2 miliardi di dollari, tra leaflet, cataloghi e brochure (Winterberry Group 2012).
E in Italia? Nel nostro paese circolano almeno 12 miliardi di volantini l’anno (197 copie per abitante!), e la pubblicità stampata rappresenta una voce che può toccare il 60-80% del budget pubblicitario delle grandi insegne (e a volte anche il 25-30% dell’intero fatturato).

La crisi economica non ha affatto rallentato questa tendenza: al contrario, i protagonisti del retail e della grande distribuzione organizzata hanno aumentato la propria presenza e ampliato l’offerta di promozioni, tanto che quasi un prodotto su tre viene venduto in promozione (con sconti o offerte di altro genere).

printing_leafletsMa quanti volantini raggiungono il destinatario e potenziale cliente? E’ stato detto che in media solo il 70% delle copie in distribuzione raggiunge una casa, e di queste soltanto il 70% viene letto; con un’ulteriore scrematura, solo il 60% dei volantini distribuiti e letti viene utilizzato per programmare un acquisto, e solo il 30% si traduce in un acquisto effettivo.

E’ una percentuale relativamente bassa, e perché continui a valere la pena di investire denaro in una distribuzione, è importante effettuare regolarmente un sistematico controllo su come volantini e brochure vengono diffusi sul territorio, facendo attenzione a verificare la copertura territoriale tramite ispettori specializzati, ma anche altri aspetti della programmazione (sequenze, orari, numero di paesi previsti, quantità di copie previste per ogni zona…) che potrebbero far emergere criticità e potenziali anomalie.